Andrea Cacciari, presidente della coop sociale di Pieve di Cento ‘La città verde’, ha ricevuto il primo premio.

Bologna, 15 marzo 2014 – «ARRIVANO da noi partendo da storie differenti. Sono persone svantaggiate, diversamente abili, utenti psichiatrici o vittime di dipendenze. Noi ne facciamo lavoratori abili e questo è il nostro orgoglio. Perché una cosa ci è stata subito chiara: non ci piace l’assistenzialismo. Noi facciamo impresa».

È emozionato Andrea Cacciari, 38 anni, presidente della cooperativa sociale ‘La città verde’, mentre mostra con orgoglio la pergamena del Primo premio Marco Biagi per l’impresa sociale.

Cacciari, 21 anni dopo può dirlo: perché fondare una cooperativa sociale?
«Quando ci siamo costituiti, nel 1991 a Pieve di Cento, eravamo in dieci, a metà fra educatori, agronomi e tecnici. Ci siamo rivolti ai bandi per la manutenzione del verde e simili. L’obiettivo sociale era primario: accompagnare i lavoratori svantaggiati verso una piena realizzazione».

Ci siete riusciti?
«Oggi diamo lavoro a 96 persone, 31 delle quali sono svantaggiate, 23 impegnate in percorsi educativi e di avvicinamento o riavvicinamento al lavoro».

Li assumete tutti voi?
«Tutti partono con un periodo di formazione e avviamento al lavoro di 3-6 mesi. Al termine la maggior parte ha un contratto stabile da noi. Per le disabilità più gravi, invece, è previsto un percorso di avviamento al lavoro e la ricerca di una abilità professionale che potrà avere poi vari sbocchi».

Sarà complesso, oggi: il lavoro manca per tutti…
«La nostra, infatti, è una doppia sfida: fare impresa in un’epoca rifiuta anche i normodotati, e farlo credendo in coloro che spesso vengono considerati non idonei a priori. Niente di più errato. Vederli lavorare e guadagnarsi il proprio stipendio con orgoglio e con merito è la soddisfazione più grande. Vede: in molti casi, ciò che manca a un lavoratore svantaggiato è un’opportunità, non un’abilità. Offrirla è il nostro obiettivo».

Come avviene l’approccio?
«Il binario è doppio: educativo e tecnico. Con entrambi puntiamo a migliorare la qualità della loro vita attraverso l’uscita da un lungo periodo di inattività e lo sviluppo di una consapevolezza: tutti abbiamo un’abilità da sviluppare. E ripeto, non si tratta di beneficenza. I nostri sono dipendenti, non ospiti. Guadagnano il proprio stipendio come noi, grazie alla loro bravura».

Cosa realizzerete in futuro, grazie anche al premio Biagi?
«I progetti sono tanti. Dal recupero di alcune serre a molto altro. Come impresa investiamo molto in ricerca e sviluppo: è essenziale per creare le opportunità di lavoro che ci permettono di crescere. Servono idee, ma quelle non sono mai mancate».

Simone Arminio